Il territorio

Il cinghiale, presenza fissa del Terminillo

il cinghiale abbonda tra i boschi del terminillo; tozzo ma non per questo poco agile, è stato in grado di far fronte alla caccia massiccia e tornare numeroso. Viene consumato come spezzatino, alla cacciatora, in salsiccia, salumi e costolette

Conosciuto negli ambienti urbani soprattutto per gli impianti sciistici, il Terminillo si fa notare anche e soprattutto per una spiccata biodiversità. Non potrebbe essere altrimenti vista la sua posizione strategica tra Sibillini e Monti Reatini, in una zona scarsamente antropizzata e attraversata dal fiume Velino. Tra i boschi del Terminillo si aggirano in ogni stagione tanti mammiferi tra i quali uno dei più comuni è il cinghiale, avvistato spesso da escursionisti e sciatori.

Il cinghiale, o come dicono gli zoologi Sus Scrofa, appartiene alla famiglia dei Suidi ed è originario di Europa e Africa settentrionale. In passato è stato cacciato e portato quasi all’estinzione ma, grazie a un’elevata fecondità e una buona resilienza, si è sempre ripreso. Alto circa 80 centimetri alla spalla, è un animale prevalentemente notturno di corporatura massiccia e zampe sottili, caratteristiche che non gli impediscono di trottare e all’occorrenza galoppare per fuggire o caricare, a seconda del caso.

I cinghiali sono decisamente di bocca buona: onnivori convinti, si nutrono di ghiande, tuberi, radici, frutti e funghi ma non è raro vederli mangiare insetti, pesci e persino serpenti che non mancano tra i boschi dell’Appennino. La sua carne dal sapore simile a quella del maiale è una delle più abusate nella gastronomia laziale e italiana in generale: tra le tante ricette si ricordano lo spezzatino, il cinghiale alla cacciatora con la polpa a pezzetti marinata con vino e cipolla, le salsicce, il salame di prosciutto, le braciole e le classiche costolette.

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